A. Voltolin “Critica della mente innocua: gruppo e legame sociale in Bion”, Quaderni di teoria critica della società, vol.3, Mimesis 2017

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Emanuele Tarasconi

Università degli studi di Milano-Bicocca

e.tarasconi@campus.unimib.it

 
 

Recensione di “Critica della mente innocua: gruppo e legame sociale in Bion” di A. Voltolin (Quaderni di Teoria Critica della Società, Vol.3, Mimesis, Milano 2017)


 
 
 
 
 
 
 
1. La psicologia individuale e la psicologia collettiva
 

«La sociologia, che tratta del comportamento umano nella società, non può essere altro che psicologia applicata. A rigor di termini vi sono solo due scienze: la psicologia, pura o applicata, e la scienza naturale». Questa è la tesi avanzata nel testo di Sigmund Freud Introduzione alla psicoanalisi (1917). Il confine fra le leggi che governano il funzionamento del soggetto collettivo e le dinamiche psichiche dell’individuo, sostiene, non è così netto come appare da un punto di vista descrittivo-fenomenico. Gli strumenti della psicoanalisi consentono da un lato di scartare l’ipotesi che nei comportamenti collettivi sia operativa una pulsione gregaria sovraindividuale indipendente dal funzionamento inconscio individuale, dall’altro permettono di identificare nel meccanismo egoico dell’identificazione la liaison fra psicologia individuale e psicologia sociale. Il tema, com’è noto, verrà ripreso e approfondito nel primo paragrafo del testo Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921), con il quale Freud apre di fatto un campo nuovo nella ricerca psicoanalitica lasciando in eredità alcuni concetti fondamentali per le scienze umane come quello di psiche di gruppo (Gruppenpsyche), di anima delle masse (Massenseele) e di formazioni collettive (Massenbildung). Questo è l’alveo entro cui si sviluppa la psicoanalisi critica, disciplina che legge da un’angolazione differente quello junktim freudiano che lega assieme indissolubilmente la teoria, la ricerca e la pratica, rigettando l’idea che la clinica sia l’unico campo in cui la psicoanalisi può trovare una sua operatività. Essa costituisce invece un osservatorio privilegiato da cui interrogarsi su questioni che vedono il soggetto come precipitato della complessa interazione fra il percorso individuale ed il quadro storico, sociale e culturale.

È proprio questo inscindibile rapporto ad essere al centro del terzo volume dei Quaderni di Teoria Critica della Società, intitolato “Critica della mente innocua: gruppo e legame sociale in Bion” ed edito da Mimesis, il quale raccoglie una serie di lezioni tenute da Adriano Voltolin, psicoanalista e Presidente della Società di Psicoanalisi Critica, per il modulo di Psicoanalisi Critica del Corso di Perfezionamento in Teoria Critica della Società organizzato dall’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Al centro del discorso di Voltolin c’è la teoria del legame sociale di Wilfred Bion e gli strumenti che essa fornisce per comprendere i comportamenti di gruppo, qui inteso come sistema integrato delle dinamiche dei membri che sinergicamente partecipano alla costruzione di un apparato psichico sovraordinato all’individuale. L’attenzione di Voltolin è rivolta soprattutto ai meccanismi inconsci del gruppo, alle sue dinamiche sotterranee e irrazionali, al suo funzionamento tendenzialmente psicotico (differentemente da Freud, che inscriveva il gruppo nel luogo della nevrosi) e agli Assunti di Base (Basic Assumptions) che lo regolano.
 
 
2. Gli assunti di base
 

L’attenzione della psicoanalisi, potremmo dire con Lacan (1966), non è rivolta all’Io, precipitato di una stratificazione di identificazioni che ne saldano il funzionamento inscrivendolo in una gestalt armonica e unitaria, ma al soggetto dell’inconscio, il quale emerge proprio a partire dagli inciampi del funzionamento egoico e si presenta come suo ineludibile – quanto inquietante – rovescio. Il comportamento del gruppo, sostiene Voltolin rileggendo il Bion di Esperienze nei gruppi (1971), che sia gruppo sociale, gruppo di lavoro, gruppo specializzato o gruppo terapeutico, è regolato primariamente dall’operatività degli assunti di base: essi si presentano primariamente come estrinsecazione della vita fantasmatica che anima la realtà affettiva del gruppo, meccanismi di difesa atti a preservare i membri del gruppo da angosce primitive di dissoluzione e frammentazione attraverso la costruzione di soluzioni allucinatorie che rigettano la natura problematica della realtà esterna. La parte centrale del testo è dedicata alla differenziazione dei tre assunti di base: la descrizione, lungi dall’essere accademica, tende invece a leggere questi costrutti teorici da prospettive oblique, talvolta partendo da alcuni effetti per ricostruirne l’origine, talvolta partendo da esempi specifici che riguardano la clinica o la storia. Sorprendente risulta essere l’attualità di una riflessione sul Basic Assumption di attacco e fuga, nel quale ira ed odio sono l’aggregante dei sentimenti gruppali, con il quale il gruppo interpreta paranoicamente la realtà. Proprio in riferimento a questa attualità, e più precisamente pensando ai flussi migratori in Europa negli ultimi anni, viene approfondita la lettura che la psicoanalista inglese Caroline Garland fa di questo costrutto bioniano, applicandolo alla descrizione del clima emotivo di un gruppo all’entrata di un nuovo membro. Per quanto riguarda l’Assunto di Base di dipendenza, nel quale il gruppo si trova a dipendere ciecamente da un unico leader, l’accento è posto particolarmente sul conseguente rigetto assoluto di qualsiasi proposta da parte di un contro-leader, sulla fedele e cieca obbedienza all’unico leader e sul ruolo dell’identificazione in questa dinamica che trova, nella Trump era, il suo principale referente nell’attualità. L’ultimo assunto, quello di accoppiamento, viene definito a partire dall’atmosfera di aspettativa che è effetto e causa di una speranza che avvenga qualcosa di nuovo nel futuro e alla luce della fantasia di accoppiamento da cui derivano nuovi nati, nuove idee, nuovi futuri.

Il metodo di Voltolin vede una continua e feconda oscillazione fra l’individuale, il collettivo e lo storico: la lettura, chiara e puntuale, del testo bioniano consente un’analisi approfondita e comprensiva del comportamento sociale nei suoi punti più enigmatici, e l’analisi – molto ricca – di precisi fatti storici aiutano ad evidenziare quella che è la tesi di fondo della teoria bioniana del collettivo: il gruppo è il prodotto di complesse costruzioni inconsce arcaiche e transindividuali, e i suoi comportamenti apparentemente irrazionali o autodistruttivi possono essere letti, compresi e trattati proprio alla luce di questi assunti. Innumerevoli sono infatti gli esempi che porta Voltolin: nel descrivere i tre Assunti di Base fondamentali (Attacco e fuga, Dipendenza, Accoppiamento), l’autore riesce abilmente a spaziare dall’estremo sforzo economico sopportato dall’Egitto per la realizzazione della piramide di Chefren alla celebre quanto suicidaria carica della brigata di cavalleria leggera inglese a Bataclava durante la guerra di Crimea del 1854, dal conflitto fra le leadership di Stalin e Trockij alle TTIP, le trattative fra UE e USA sulla libertà di esportazione da parte delle grandi multinazionali. Ci sono tuttavia molteplici riferimenti anche alla tradizione della cultura popolare, come nel caso della fiaba di Cappuccetto Rosso, interpretata alla luce dell’esigenza, tipica del gruppo in AdB, di continuare a vivere in una situazione in cui la soluzione che l’Assunto di Base propone non viene confrontata con la reale situazione problematica. Interessante è anche la riflessione sulla sovversione che Bion pone rispetto a Freud per quanto riguarda le masse artificiali: laddove esse, nel freudiano Psicologia delle masse e analisi dell’Io, si creano allo scopo di bonificare la portata soverchiante della pulsione, per Bion il gruppo di lavoro, la società, necessita dei gruppi in Assunto di Base proprio per depotenziare le pulsioni di cui sono rappresentanti.

L’inarginabile opposizione fra gruppo in Assunto di Base e gruppo di lavoro, laddove quest’ultimo è mosso – a differenza del primo – dalla razionalità e non dall’affekt, nasconde invero una necessaria interdipendenza: perché si possa costruire un gruppo mosso dalla razionalità, infatti, è necessaria la presenza di un Assunto di Base che, però, deve rimanere attivo solo a livello fantasmatico e non reale. In questo senso Bion, scrive Voltolin, può approfondire il ruolo che hanno le masse artificiali freudiane, la chiesa e l’esercito: essi sono infatti gruppi funzionali al gruppo di lavoro, in quanto finalizzate a contenere le spinte irrazionali degli Assunti di Base.
 
 
3. L’Urvater e la dissoluzione del gruppo specializzato
 

L’importanza di questo testo, tuttavia, non si esaurisce in un’introduzione chiara e accessibile ad una teoria complessa come quella bioniana dei gruppi, ma si estende ad interrogarsi implicitamente sul ruolo che ha avuto e che ha tutt’ora la psicoanalisi nella comprensione delle dinamiche collettive e della trasformazione della natura dei legami sociali nella storia recente. Sono sempre maggiori i segnali che nella contemporaneità stiamo assistendo ad una trasformazione inedita della psicologia delle masse. Freud, nel Disagio della Civiltà (1929), identifica nell’uomo un masochismo morale, una continua rinuncia pulsionale necessaria all’identificazione con un’autorità paterna. Questa identificazione è necessaria alla formazione e all’operatività delle tre grandi formazioni collettive che descriverà in Psicologia delle masse e analisi dell’Io: l’aristocrazia, la chiesa e l’esercito. Lo stesso Bion esaminerà queste tre formazioni come gruppi specializzati, la cui funzione è quella di dislocare antiche angosce edipiche dei membri del gruppo tramite l’identificazione con un leader potente e non soggetto alla castrazione. Nella contemporaneità, al contrario, stiamo assistendo ad una progressiva liquefazione del collettivo, che oggi appare disidentificato, atomizzato. Il volto del padrone della massa-fascio freudiana, compatta e granitica, ha lasciato il posto ad una evaporazione dell’autorità simbolica. Il discorso del capitalista, inscrivendo il proprio sistema valoriale sul versante sadiano più che su quello kantiano del Super Io, promuove l’idea di un potere senza volto e senza ideale, la potenza del godimento continuo al posto della rassicurante identificazione con il leader. L’ultima sezione del testo di Voltolin, non a caso intitolata La dissoluzione del gruppo specializzato, rileva proprio quest’ordine di fenomeni, cercando di ricostruire le congiunture sociali, culturali, storiche a fondamento di questa trasformazione. Questa rilevazione non ha ricadute solo in termini collettivi o gruppali ma inscindibilmente intacca significativamente il soggetto anche sul piano clinico: in una situazione privata delle diversificazioni gruppali, già condannata da Pasolini (1974) come indifferenziata appartenenza ad un paese «sporco, disonesto, idiota, ignorante e consumistico», il gruppo di lavoro è più facilmente incline ad agire i propri Assunti di Base nel reale e il Super Io tende ad irrigidirsi. In questo caso la sintomaticità del singolo è direttamente proporzionale alla forza del suo grado di identificazione con la mentalità di gruppo. All’evaporazione della funzione del gruppo specializzato segue necessariamente un uniformarsi indefinito alle nuove agenzie di formazione: la televisione e, soprattutto nell’immediata contemporaneità, internet. C’è in questo senso posto, nella riflessione di Voltolin, anche per uno spunto educativo di notevole importanza: la rete riflette un’imago parentale idealizzata sempre disponibile a soddisfare la pulsione epistemofilica del soggetto, ma dentro la rete, il gruppo appare come un aggregato di fratelli dominato da sentimenti di invidia e di gelosia.

Al contempo, il fenomeno dei social media ci illumina su uno dei principali cardini teorici del pensiero di Bion: l’uomo è sempre in gruppo, anche quando è solo. All’indebolimento generale del legame reale, favorito dall’atomizzazione del gruppo specializzato, segue un incremento della valenza nel legame con quel gruppo fortemente in AdB di dipendenza imposto dalla rete. Paradossalmente, più il gruppo specializzato si indebolisce nel reale, più si rafforza la mentalità di gruppo nel virtuale. Il testo di Voltolin, oltre a mettere in evidenza questo fenomeno, riesce a fornire gli strumenti per comprenderlo ad un livello più alto rispetto al classico modello teorico che lo legge alla luce dell’abusato modello antropologico del declino della funzione paterna. L’urvater, il padre dell’orda, il padre simbolico, è morto ed è questa morte ad avviare il processo storico: quello a cui stiamo assistendo, sembra dire Voltolin, non è tanto una degradazione della legge ma, con il declino del gruppo specializzato, ciò che si osserva è una sorta di riorganizzazione del discorso collettivo e, insieme, di quello individuale.
 

Questa è la sfida del XXI secolo per la psicoanalisi. In un periodo storico in cui sempre più gli psicoanalisti rimangono trincerati nei loro studi e concentrati sulla clinica come unico luogo di applicazione della loro pratica (come se esistesse una clinica dell’individuo che prescinda dall’analisi del collettivo), la psicoanalisi è chiamata ad indagare criticamente la natura dei legami sociali, la sua trasformazione nella contemporaneità e nei suoi rapporti con le altre discipline. Questa trasformazione esige una nuova psicologia delle masse, che tenga conto della diversa articolazione che ha assunto il disagio della civiltà nell’attualità e di un’analisi specifica delle pratiche istituzionali che s’impegnano a fronteggiare questi cambiamenti, l’analisi dei quali risulta imprescindibile anche al fine di giungere ad una più esatta concezione del disagio contemporaneo.
 
 
 
Bibliografia
 
Bion, W. (2009), Apprendere dall’esperienza, Roma: Armando.
Bion, W. (2012), Trasformazioni, Roma: Armando.
Bion, W. (2013), Esperienze nei gruppi, Roma: Armando.
Freud. S. (2000), Psicologia delle masse e analisi dell’Io, «Opere», Vol. 9: L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, Torino: Bollati Boringhieri.
Freud, S. (2000), Il disagio della civiltà, «Opere», Vol. 10: Inibizione, sintomo e angoscia e altri scritti: 1924-1929, Torino: Bollati Boringhieri.
Freud, S. (2003), Introduzione alla psicoanalisi, «Opere», Vol. 11: L’uomo Mosè e la religione monoteistica e altri scritti 1930-1938, Torino: Bollati Boringhieri.
Lacan, J. (1974), Funzione e campo della parola e del linguaggio in psicoanalisi, «Scritti», vol. I, Torino: Einaudi.
Pasolini, P.P (1974), Che cos’è questo Golpe?, Corriere Della Sera, 14/11.
Voltolin, A. (2017), Critica della Mente innocua: gruppo e legame sociale in Bion, «Quaderni di Teoria Critica della Società», 3, Milano: Mimesis.
 
 
 

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